Malindi è un posto strano. Tra le viuzze in terra battuta del centro, quelle su cui si affacciano le casette decadenti dei locali, dove i negozietti vendono bottigliette d'acqua a un decimo del prezzo affisso nei resort e la vita scorre a piedi nudi con la lentezza del tempo keniota, i turisti si vedono con il contagocce. Li si ritrova piuttosto intorno al mercato, al tourist market, nei ristorantini affacciati sul mare, al museo della città o al monumento commemorativo dell'approdo di Vasco de Gama, nel lontano 1498, unico baluardo superstite di una storia impenetrabile che sembra perdersi nell'incomprensibile incrocio di lingue ed etnie. Alle due tribù indigene, i giriama e i pokomo, si aggiungono a Malindi una lunga serie di kenioti arrivati da tutto il Paese per trovare lavoro nella fiorente industria alberghiera della città e soprattutto si sente l'influsso dominante degli italiani che, riuscendo a spodestare l'inglese negli scambi comunicativi con i locali, hanno creato una realtà quasi paradossale per cui allo swahili l'italiano si alterna con naturalezza. E' difficile capire come una così nutrita comunità di connazionali sia arrivata proprio qui, costruendo case, hotel, affittando appartamenti, aprendo agenzie turistiche, alla ricerca di esotismo, di una vita meno stressante che in patria, o ancora in fuga dalla giustizia. E pochi lo sanno, ma gli italiani hanno cominciato ad arrivare a Malindi a seguito dell'apertura del Centro Spaziale Luigi Broglio (originariamente detto Progetto San Marco), un centro italiano per il lancio di satelliti installato nel 1966, secondo un accordo internazionale tra Italia e Kenya, a circa 32 km a nord della cittadina. Del centro, tuttora attivo, si sente parlare poco, in compenso l'industria turistica ha preso il volo. I resort, quasi tutti italiani e frequentati principalmente da italiani, si distribuiscono a nord e a sud del centro di Malindi, lungo la chilometrica striscia di sabbia bianca affacciata sull'oceano Indiano. Pur con i colori meravigliosi, in cui il blu si chiazza di macchie turchesi, di un'area che fa parte tra l'altro di un Parco Marino protetto, il mare non è sempre invitante, a causa del fenomeno delle maree. Pur nel persistere del problema, per dedicarsi a una tranquilla vacanza balneare meglio forse spostarsi verso Watamu, le cui acque fanno anch'esse parte di un'area marina protetta e bagnano un litorale scelto dalle tartarughe per deporvi le uova. A una ventina di chilometri di distanza l'una dall'altra, Watamu e Malindi hanno un carattere molto diverso. Più calma e forse anche più autentica la prima, la seconda è quella in cui si concentra la movida notturna.
Una bella atmosfera ed una vita notturna intensa caratterizzano Malindi, che è inoltre un punto di partenza ideale per esplorare il parco Nazionale dello Tsavo o il magnifico Malindi Marine National Park (il più antico parco marino del paese).
L'eredità di molte colonizzazioni è riscontrabile nel cibo locale. I keniani utilizzano molte spezie diverse. Sarà possibile trovare un'ampia varietà di frutti di mare e molti piatti con salse come il kuku wakupaka, pollo cucinato con il latte di cocco. I keniani accompagnano spesso i loro piatti con l'ugali, un tipo di porridge di mais macinato. Purtroppo questo piatto non ha un sapore particolarmente buono.