A dispetto del nome, La Locanda del Postino non ha nessun rapporto con il film, se non la vicinanza con quella che nell'ultimo lungometraggio di Troisi venne scelta come la casa di Pablo Neruda. La Locanda in questione è stata invece costruita sui ruderi di quella che un tempo era l'abitazione del parroco, ossia la più grande e la più importante della località. Molto dell'antica costruzione era già andato distrutto quando la coppia di proprietari decise di ristrutturare per poi inagurare l'attuale albergo nel 2006, ma si è salvato tutto il possile: il patio esterno o "bagghiu" in dialetto e il palmento (ovvero la stanza che nell'architettura tradizionale eoliana era adibita alla produzione del vino), legato tra l'altro da un vincolo etno-antropologico.
In quest'ultimo ambiente, come del resto in tutto il resto dell'hotel, si è voluto mantenere lo spirito e lo stile originario nell'adibirlo a bar e sala tv-lettura. Ad arredarlo, qualche tavolo in legno chiaro, mensole riempite di strumenti e oggetti antichi, grandi ampolle e damigiane in cui un tempo veniva travasato il vino, decine, se non centinaia, di mini-bottigliette di superalcolici e divani in vimini in cui affondare.
L'atmosfera è tranquilla e informale, come anche la reception, ridotta a una semplice e rilassata scrivania in legno. Del resto l'hotel è a gestione familiare così come l'accoglienza. Se ne occupa in prima persona la coppia di proprietari, aiutata da una cuoca che abita qui e che fa ormai parte della famiglia.
La Locanda del Postino è una delle poche strutture dell'arcipelago ad aver ottenuto il marchio EcoLabel, il che significa che c'è stata un'attenzione particolare nell'utilizzo di materiali naturali e che vengono adottati accorgimenti per il risparmio energetico, il riciclo delle acque per l'irrigazione e la raccolta differeziata.